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tuttodì si riproducono; quindi questo governo sarà sempre un’ulcera che tende a spandere la cancrena sull’intera società.

Se, cessando dal ragionare, ci faremo a scendere nel fondo della nostra coscienza, ad interrogare l’intimo nostro sentimento, vi troveremo la condanna d’ogni governo. Quella complicazione di ruote, aggiunte alla macchina sociale, per tutelarsi contro l’usurpazione e la tirannide de’ governanti, ha già fatto pessima prova; senza impedire i mali, li accresce, e rende il procedere lento ed incerto. La pubblica opinione è affatto cangiata su tale riguardo; ognuno, nei tempi passati, sforzavasi ad aggiungere qualche pezzo alla macchina, o come regolatore, o come moderatore, mentre ora, per contro, tendesi alla semplificazione, il cui ultimo termine è l’anarchia, ove l’umano intelletto s’accheterà. I propugnatori de’ governi forti fanno fine ad ogni loro diceria, ad ogni loro ragionamento, col proporre le misure da cui eglino sperano la pubblica felicità; ed il convincimento che riscontrasi in ogni individuo, che i soli provvedimenti per reggere con successo la cosa pubblica, son quelli che egli nasconde nel proprio cuore, è la condanna la più aperta d’ogni forma di governo.

Da quanto esponemmo possiamo desumere, che le numerose esperienze registrate dalla storia, che nelle leggi regolatrici della natura trovano piena conferma, additano come terribili sorgenti di male, come ostacoli all’umana felicità, come scogli di sicuro naufragio, il diritto di proprietà ed il governo. Ma come la società, diranno molti, priva di questi mali, potrà reggere? Cosa verrà ad essi sostituito? Non sono questioni che deve farsi il rivoluzionario, né che si fanno le moltitudini.

Quello addita la causa dei mali, gli ostacoli al bene pubblico; queste irrompono come marosi mugghianti e li rovesciano. La società, come le acque che tendono