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che uccide per rapire un pane necessario alla sua esistenza; uomo onesto chi, divorando il vitto sufficiente a dieci famiglie, lascia che queste periscano d’inedia. E ciò avviene in nome della giustizia; prova evidente che essa altro non è che una parola, il cui significato cangia al cangiar dei rapporti sociali: quello che oggi dicesi giusto, i posteri lo vedranno con l’orrore medesimo che noi riguardiamo il diritto di vita e di morte che accordavasi al padrone sugli schiavi. Il frutto del proprio lavoro garantito; tutt’altra proprietà non solo abolita, ma dalle leggi fulminata come il furto, dovrà essere la chiave del nuovo edifizio sociale. È ormai tempo di porre ad esecuzione la solenne sentenza, che la natura ha pronunciato per la bocca di Mario Pagano: la distruzione di chi usurpa.
X. «L’essere senziente, scrive il Romagnosi, nel sentire, non può mai uscire da sè medesimo. Egli non può sentire che con la propria sensibilità, non può sentire che il proprio piacere o dolore; non può amare o odiare che in sè e per sè; agire cogli altri, ed a prò degli altri, o contro gli altri ma per sè.... Avviene che l’amor proprio d’ognuno trasportato in scietà è un centro d’attrazione, che tende ad appropriarsi il maggior numero di beni, e di servizii; e per sè solo opera anche quando agisce a prò d’altrui, benchè di ciò egli per avventura non si avvegga».
Ecco in poche parole messa a nudo l’umana natura, trovata la cagione di ogni speranza, d’ogni pensiero, d’ogni atto: ricercare il piacere, fuggire il dolore; piaceri e dolori, che secondo l’indole dell’uomo ed i rapporti sociali variano in mille guise, dall’epicureo che cerca il godimento nell’ozio e nella crapula, a Bruno, che preferisce il rogo al dolore di rinnegare le proprie dottrine. Ogni atto è preceduto dalla volontà, e la determinazione di essa è un effetto relativo e pro-