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del capitalista, sarebbero ben presto conosciuti, ed ognuno, senza contrasto, contentissimo sottoporrebbesi a tal legge. Quindi per fornire di capitali il lavoro, altro mezzo non v’è che imporre gravezze a coloro che posseggono; ma quale ne sarebbe il risultamento il dicemmo: gli operai verrebbero affamati e non soccorsi.

Concludiamo, che l’offrire a tutti un vivere agiato, cardine su cui, giusta la sentenza del Filangieri, debbono poggiare gli ordini sociali, non solo non è in uso nella moderna società, ma non v’è alcun mezzo onde soddisfare a tale condizione. La società è divisa in due parti, possessori e nullatenenti, che il diritto di proprietà determina. L’economia pubblica, pigliando le mosse da questo diritto, sviluppa le sue leggi, che si basano su di esso. Queste leggi regolano inesorabilmente il rapporto fra queste due classi, e conducono a conseguenze inevitabili e funeste. Cotesti rapporti che risultano di fatto non possono modificarsi, sotto pena di un deperimento universale; unica legge possibile è la libertà: conseguenza di essa, miseria sempre crescente. Se togliete al ricco parte del suo avere onde soccorrere il povero, egli, mentre con una mano sborsa il denaro che gli vien chiesto, con l’altra lo rapisce di nuovo; ben presto incarisce il vivere, e la miseria s’accresce. Dunque: la causa che volge tutte le riforme in danno del povero, la causa che accrescendo continuamente la miseria, mena, come altrove vedemmo, alla dissoluzione sociale, e contrasta allo scopo principale, che si propone la società, il benessere di tutti, o almeno de’ più, è il mostruoso diritto di proprietà. La logica adunque impone di rimuovere l’ostacolo, poco curandosi delle conseguenze; la società riprenderà da sè l’equilibrio, dal caos naturalmente verrà il cosmos. Verremo ora a rincalzare il nostro ragionamento, per sè medesimo abba-