Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
— 112 — |
condannata dalla natura a vivere d’astrazioni! Come vi procaccerete le grandi somme necessarie all’educazione dei proletarii, alla loro esistenza durante tale educazione, ed al compenso che bisogna pagare alla famiglia privata del guadagno che avrebbele fruttato il lavoro del giovane che voi gli rapite per educare? Con le gravezze forse? Ma non sapete che, rispettando il diritto di proprietà, esse ricadono precisamente sul proletario, nel modo stesso che la base sopporta tutto il peso e le pressioni del soprastante edifizio? Voi l’affamerete per educarlo. Ma vogliamo ammettere possibile la vostra utopia; cosa guadagneranno con l’educazione? Condannati, come Sisifo, ad un perpetuo lavoro, non avendo che qualche ora necessaria a rinfrancare le forze, l’educazione ricevuta li farebbe più infelici. Se hanno da vivere da bruti, è meglio lasciarli bruti quali or sono.
I più positivi propongono l’associazione, ed esaltano la sua innegabile potenza, ma più che l’associazione è potente il capitale. Non vale proporre come regole alcune eccezioni; egli è una delle cardinali verità di economia pubblica, non solo che l’associazione del lavoro deve soccombere in contro alla potenza del capitale, ma eziandio che i piccoli capitali sono inesorabilmente condannati ad essere inghiottiti dai grandi. L’associazione del capitale e del lavoro non conviene al capitalista, specialmente se fa uso di macchine. Alcuni il negano asserendo che l’associazione del capitale e del lavoro, accrescendo il prodotto, debba riuscire eziandio vantaggiosa al capitalista, senza riflettere, che il guadagno individuale del capitalista con tale associazione scema moltissimo. Infatti, eglino medesimi aggiungono: se questa associazione non è libera, ma imposta da una legge, i capitali saranno trafugati. Contraddizione manifesta, imperocché se reali fossero i vantaggi