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molliti dalle ricchezze che temono di perdere, sacrificheranno sempre l’onore, la dignità, l’utile universale ai loro ozi beati, e l’ignoranza e la miseria interdicendo al maggior numero la libera espressione della loro volontà distruggono affatto la nazionalità espressa dalla volontà collettiva senza eccezione e senza prevalenza di classi.

Concludiamo; la libertà senza l’uguaglianza non esiste, e questa e quella sono condizioni indispensabili alla nazionalità, che a sua volta le contiene, come il sole la luce ed il calorico.

VII. — Gl’italiani sono unitarii; tali furono gli antichi, ed una tale aspirazione fra moderni comincia da Dante. L’idea che nel 1814 ha cominciato a farsi popolare, che ha progredito sempre, che s’è mostrata dominante in tutti gl’istanti di vita vissuti dal popolo italiano è l’unità; ma gli ostacoli per attuarla sono più che moltissimi.

Un governo unico, pei più liberali, emanazione diretta dal popolo, responsabile, e revocabile, e per tutti poi, energico, compatto, distributore di cariche, premiatore del merito, è il concetto volgare. Ma se non vogliamo disconoscere l’umana natura, sarà facile scrivere le conseguenze di una tal forma di governo.

L’uomo o gli uomini componenti il governo, non potranno spogliarsi delle loro passioni, rinunziare ai loro concetti, abdicare infine alla loro individualità; questa pretesa sarebbe assurda e ridicola. Chi il crede possibile non legga questo libro, io non scrivo per esso. Eglino, come tutti gli uomini, vedranno le cose sotto quell’aspetto, che le loro passioni lor presentano, ed adattando i provvedimenti alle loro convinzioni opereranno coscienziosamente, e faranno quanto ad un uomo è dato di fare; quindi i loro desiderii, i loro concetti prevarranno su quelli dell’intera nazione, ed av-