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Finalmente le speranze di vedere ingranditi i possedimenti di casa Savoia con l’aiuto delle potenze occidentali, non essendo se non calcoli ed utili parziali, o tutto al più di una provincia d’Italia, non entrano nel quadro di questo libro. Nondimeno ne parleremo di volo. Un forte regno boreale, se non è vassallo della Francia, è dannoso per essa.

La Francia ogni qualvolta muove guerra all’Austria, debbe, per ragioni strategiche, dirigere i suoi sforzi nella vallata del Po, mentre all’Austria, per contro, conviene tenersi in questa sulle difese, e schierare sul Danubio l’esercito maggiore; quindi alla prima rileva sommamente che in Italia, fra essa e l’Austria, non s’inframmettesse altra potenza capace, se non d’altro, di mantenere la propria neutralità. Il supporre questo regno sempre ligio a Francia è puerile concetto che non merita risposta. Una volta costituito, esso avrebbe proprii interessi, i quali attese le frontiere e la natura de’ prodotti, l’avvicinerebbero più alla Germania che alla Francia. E questo regno italiano non potrebbe giammai dar norma (come asseriscono i suoi propugnatori) alla politica degli altri stati: Napoli, Toscana, il Papa, per non subirne la preponderanza, si getterebbero nelle braccia del Russo, dell’Austriaco, del Francese. Negarlo è disconoscere l’istoria de’ Longobardi, degli Angioini, dei Visconti, di Venezia. Mai gli stati italiani non vollero subire un protettorato italiano, perchè natura de’ principi come de’ popoli è, allorché son costretti di avere un protettore, di scegliere sempre il più potente ed il più lontano. Quindi questa utopia che sperano o fingono di sperare i cortigiani, non vantaggerebbe, e forse ben poco, che solo i Lombardo-veneti. Dò fine a questo ragionamento persuaso di aver dimostrato abbastanza che la nazionalità chiesta ad una lega di principi, ad una monarchia, è un fantasma, una