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giustezza della mia scoperta, la quale assumeva per me un’importanza così grande e assoluta, che a confronto ogni altra cosa non poteva averne se non una molto minore e relativa: anche se mi faceva perdere la moglie; anzi proprio per questo.

— Ecco se è vero! —

Nient’altro che la prova era terribile. Tutto il resto — ma sì, via! — poteva parere anche ridicolo: quell’andarsene così su due piedi con Quantorzo, come quel mio insorgere per quella stupidaggine là, della gente che mi credeva usurajo.

Ma come, allora? ero già ridotto a questo? di non poter più prendere nulla sul serio? E la mia ferita di poc’anzi, per cui avevo avuto quello scatto violento?

Già. Ma dove la ferita? In me?

A toccarmi, a strizzarmi le mani, sì, dicevo “io„, ma a chi lo dicevo? e per chi? Ero solo. In tutto il mondo, solo. Per me stesso, solo. E nell’attimo del brivido, che ora mi faceva fremere alle radici i capelli, sentivo l’eternità e il gelo di questa infinita solitudine.

A chi dire “io„? Che valeva dire “io„, se per gli altri aveva un senso e un valore che non potevano mai essere i miei; e per me, così fuori degli altri, l’assumerne uno diventava subito l’orrore di questo vuoto e di questa solitudine?