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— Pensi al tuo naso?

— Non m’ero mai accorto che mi pendesse verso destra. Me n’ha fatto accorgere, questa mattina, mia moglie.

— Ah, davvero? — mi domandò allora l’amico; e gli occhi gli risero d’una incredulità ch’era anche derisione.

Restai a guardarlo come già mia moglie la mattina, cioè con un misto d’avvilimento, di stizza e di maraviglia. Anche lui dunque da un pezzo se n’era accorto? E chi sa quant’altri con lui! E io non lo sapevo e, non sapendolo, credevo d’essere per tutti un Moscarda col naso dritto, mentr’ero invece per tutti un Moscarda col naso storto; e chi sa quante volte m’era avvenuto di parlare, senz’alcun sospetto, del naso difettoso di Tizio o di Caio e quante volte perciò non avevo fatto ridere di me e pensare:

— Ma guarda un po’ questo pover’uomo che parla dei difetti del naso altrui! —

Avrei potuto, è vero, consolarmi con la riflessione che, alla fin fine, era ovvio e comune il mio caso, il quale provava ancora una volta un fatto risaputissimo, cioè che notiamo facilmente i difetti altrui e non ci accorgiamo dei nostri. Ma il primo germe del male aveva cominciato a metter radice nel mio spirito e non potei consolarmi con questa riflessione.

Mi si fissò invece il pensiero ch’io non ero per gli altri quel che finora, dentro di me, m’ero figurato d’essere.

Per il momento pensai al corpo soltanto e, siccome