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occhi, per sè, fuori di questa vista degli altri, non avrebbero più saputo veramente quello che vedevano.

Mi corse per la schiena il brivido d’un ricordo lontano: di quand’ero ragazzo, che andando sopra pensiero per la campagna m’ero visto a un tratto smarrito, fuori di ogni traccia, in una remota solitudine tetra di sole e attonita; lo sgomento che ne avevo avuto e che allora non avevo saputo chiarirmi. Era questo: l’orrore di qualche cosa che da un momento all’altro potesse scoprirsi a me solo, fuori della vista degli altri.

Sempre che ci avvenga di scoprire qualcosa che gli altri supponiamo non abbiano mai veduta, non corriamo a chiamare qualcuno perchè subito la veda con noi?

— Oh Dio, che è? —

Ove la vista degli altri non ci soccorra a costituire comunque in noi la realtà di ciò che vediamo, i nostri occhi non sanno più quello che vedono; la nostra coscienza si smarrisce, perchè questa che crediamo la cosa più intima nostra, la coscienza, vuol dire gli altri in noi; e non possiamo sentirci soli.

Balzai in piedi, esterrefatto. Sapevo, sapevo la mia solitudine; ma ora soltanto ne sentivo e toccavo veramente l’orrore, davanti a me stesso, per ogni cosa che vedevo; se alzavo una mano e me la guardavo. Perchè la vista degli altri non è e non può essere nei nostri occhi se non per un’illusione a cui non potevo più credere; e, in un totale smarrimento, parendomi di vedere quel mio stesso orrore negli occhi della ca-