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§ 4. La vista degli altri.


— Perchè, quand’uno pensa d’uccidersi, s’immagina morto, non più per sè, ma per gli altri? —

Tumido e livido, come il cadavere d’un annegato, rivenne a galla il mio tormento con questa domanda, dopo essermi sprofondato per più d’un’ora nella meditazione, là in quel recinto, se non sarebbe stato quello il momento di farla finita, non tanto per liberarmi di esso tormento, quanto per fare una bella sorpresa all’invidia che molti mi portavano o anche per dare una prova dell’imbecillità che molti altri m’attribuivano.

E allora, tra le diverse immagini della mia morte violenta, come potevo supporre balzassero improvvise, tra la costernazione e lo sbalordimento, in mia moglie, in Quantorzo, in Firbo, in tanti e tanti altri miei conoscenti; costringendomi a rispondere a quella domanda, mi sentii più che mai mancare, perchè dovetti riconoscere che nei miei occhi non c’era veramente una vista per me, da poter dire in qualche modo come mi vedevo senza la vista degli altri, per il mio stesso corpo e per ogni altra cosa come potevo figurarmi che dovessero vederli; e che dunque i miei