Pagina:Pirandello - Uno nessuno e centomila, Milano, Mondadori, 1936.djvu/133

occhi di lui, come di vetro, azzurri e maliziosi, intenti a cercare in quei fascicoli.

Allora, con raccapriccio, a cancellare lo spettro di quelle mani, emerse ai miei occhi e si impose lì, solido, il volume del mio corpo vestito di nero; sentii il respiro affrettato di questo corpo entrato lì per rubare; e la vista delle mie mani che aprivano gli sportelli di quello scaffale mi diede un brivido alla schiena. Serrai i denti; mi scrollai; pensai con rabbia:

— Dove sarà, tra tanti incartamenti, quello che mi serve? —

E tanto per far subito qualche cosa, cominciai a tirar giù a bracciate i fascicoli e a buttarli sul tavolino. A un certo punto le braccia mi s’indolenzirono, e non seppi se dovessi piangerne o riderne. Non era uno scherzo quel rubare a me stesso?

Tornai a guardarmi intorno, perchè improvvisamente non mi sentii più, là dentro, sicuro di me. Stavo per compiere un atto. Ma ero io? Mi riassalì l’idea che fossero entrati lì tutti gli estranei inseparabili da me, e che stessi a commettere quel furto con mani non mie.

Me le guardai.

Sì: erano quelle che io mi conoscevo. Ma appartenevano forse soltanto a me?

Me le nascosi subito dietro la schiena; e poi, come se non bastasse, serrai gli occhi.

Mi sentii in quel bujo una volontà che si smarriva fuori d’ogni precisa consistenza; e n’ebbi un tale orrore, che fui per venir meno anche col corpo; pro-