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brav’uomo, mentre Firbo sosteneva il contrario, mi sentii stravolgere da un impeto di ribellione.

Ignorando la tortura segreta del mio spirito, nessuno potè intenderne la ragione, e tutti restarono quasi basiti quand’io, strappando indietro due o tre di quei commessi:

— E tu? — gridai a Firbo, — che conosci tu? con qual diritto vuoi importi così a un altro? —

Firbo si voltò sbalordito a guardarmi e, quasi non credendo a se stesso nel vedermi così addosso, gridò:

— Sei pazzo? —

Mi venne, non so come, di buttargli in faccia una risposta ingiuriosa, che agghiacciò tutti:

— Sì; come tua moglie, che ti conviene tener chiusa al manicomio! —

Mi si parò davanti pallido e convulso:

— Com’hai detto? Mi conviene? —

Diedi una spallata e seccato dello sgomento che teneva tutti e, nello stesso tempo, entro di me come improvvisamente assordito dalla coscienza dell’inopportunità di quella mia intromissione, gli risposi piano, per troncare:

— Ma sì, lo sai bene. —

E non potei udire, come se dopo queste parole fossi diventato subito, non so, di pietra, ciò che Firbo mi gridò tra i denti prima di scappar via sulle furie. So che sorridevo mentre Quantorzo, sopravvenuto all’alterco, mi trascinava via con sè nella stanzetta della direzione. Sorridevo per dimostrare che di quella violenza non c’era più bisogno e che tutto era finito,