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Seguitavo a camminare, come vedete, con perfetta coscienza su la strada maestra della pazzia, ch’era la strada appunto della mia realtà, quale mi s’era ormai lucidissimamente aperta davanti, con tutte le immagini di me, vive, specchiate e procedenti meco.

Ma io ero pazzo perchè ne avevo appunto questa precisa e specchiante coscienza, voi che pur camminate per questa medesima strada senza volervene accorgere, voi siete savii, e tanto più quanto più forte gridate a chi vi cammina accanto:

— Io, questo? io, così? Tu sei cieco! tu sei pazzo! —


§ 5. Sopraffazione.


Il furto, intanto, non era possibile, almeno lì per lì. Non sapevo dove stessero quelle carte. L’ultimo dei subalterni di Quantorzo o di Firbo era in quella banca più padrone di me. Quando vi entravo, invitato per la firma, gl’impiegati non alzavano nemmeno gli occhi dai loro registri, e se qualcuno mi guardava, chiarissimamente con lo sguardo dimostrava di non tenermi in nessun conto.

Eppure lì lavoravano tutti con tanto zelo per me, per ribadire sempre più con quel loro assiduo lavoro il tristo concetto che in paese si aveva di me, ch’io