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aveva bisogno che nessun dubbio sorgesse sulle mie facoltà mentali. E domandai al signor notaro se sapesse d’una certa casa, sita in via tale, numero tale, di pertinenza d’un certo tale signor Moscarda Vitangelo, figlio del fu Francesco Antonio Moscarda...

— E non è lei?

— Già, io sì. Sarei io... —

Era così bello, peccato! in quello studio di notaro, tra tutti quegli incartamenti ingialliti in quei vecchi scaffali polverosi, parlare così, come a una distanza di secoli, d’una certa casa di pertinenza d’un certo tal Moscarda Vitangelo... Tanto più che, sì, ero io lì; presente e stipulante, in quello studio di notaro ma chi sa come e dove se lo vedeva lui, il signor notaro, quel suo studio; che odore ci sentiva diverso da quello che ci sentivo io; e chi sa come e dov’era, nel mondo del signor notaro, quella certa casa di cui gli parlavo con voce lontana; e io, io, nel mondo del signor notaro, chi sa come curioso...

Ah, il piacere della storia, signori! Nulla più riposante della storia. Tutto nella vita vi cangia continuamente sotto gli occhi; nulla di certo; e quest’ansia senza requie di sapere come si determineranno i casi, di vedere come si stabiliranno i fatti che vi tengono in tanta ambascia e in tanta agitazione! Tutto determinato, tutto stabilito, all’incontro, nella storia: per quanto dolorose le vicende e tristi i casi, eccoli lì, ordinati, almeno, fissati in trenta, quaranta paginette di libro: quelli, e lì; che non cangeranno mai più almeno fino a tanto che un malvagio spirito critico