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più là, dov’era? chi era? nessuno? uno qualunque? e chi?

Bisognerà domandarlo a Calpurnia sua moglie, o a Nicomede re di Bitinia.

Batti e batti, alla fine v’è entrato in mente anche questo: che Giulio Cesare, uno, non esisteva. Esisteva, sì, un Giulio Cesare qual egli, in tanta parte della sua vita, si rappresentava; questo aveva senza dubbio un valore incomparabilmente più grande degli altri; non però quanto a realtà, vi prego di credere, perchè non meno reale di questo Giulio Cesare imperiale era quel lezioso fastidioso tutto raso e discinto e infedelissimo di sua moglie Calpurnia: o quello impudicissimo di Nicomede re di Bitinia.

Il guajo è questo, sempre, signori: che dovevano tutti quanti esser chiamati con quel nome solo di Giulio Cesare, e che in un solo corpo di sesso maschile dovevano coabitare tanti e anche una femmina; la quale, volendo esser femmina e non trovandone il modo in quel corpo maschile, dove e come potè, innaturalmente lo fu, e impudicissima e anche più volte recidiva.

Il satiro in quel povero Marco di Dio scappò fuori, a buon conto, una volta sola e tentato da quel gruppo del suo maestro. Sorpreso in quell’atto d’un momento, fu condannato per sempre. Non trovò nessuno che volesse avere considerazione di lui; e, uscito dal carcere, si diede ad almanaccare i più bislacchi disegni per sollevarsi dall’ignominiosa miseria in cui era caduto, a braccetto con una donna, la quale un bel