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§ 1.


Dolce casa di campagna, Casa dei nonni, piena del sapore ineffabile dei più antichi ricordi familiari, ove tutti i mobili di vecchio stile, animati da questi ricordi, non erano più cose ma quasi intime parti di coloro che v’abitavano, perchè in essi toccavano e sentivano la realtà cara, tranquilla, sicura della loro esistenza.

Covava davvero in quelle stanze un alito particolare, che a me pare di sentire ancora, mentre scrivo: alito d’antica vita, che aveva dato un odore a tutte le cose che vi erano custodite.

Rivedo la sala, un po’ tetra veramente, dalle pareti stuccate, a riquadri che volevan sembrare di marmo antico: uno rosso, uno verde; e ogni riquadro aveva la sua brava cornice, anch’essa di stucco, a fogliami; se non che, col tempo, quei finti marmi antichi s’erano stancati della loro ingenua finzione, s’erano un po’ gonfiati qua e là, e si vedeva qualche piccola crepacchiatura. La quale mi diceva benignamente:

— Tu sei povero; hai l’abito sdrucito; ma vedi bene che pure nelle case dei signori... —