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prima sbalorditi, quando, invece di lui, un altro, a cui nessuno badava, scattò d’improvviso e insorse, facendosi innanzi al tavolino, a cui stavano il Ferro e la Nestoroff. Lui, il Nuti, pallidissimo. Nel silenzio pieno d’attesa violenta, un piccolo grido di spavento s’udì, a cui subito rispose un gesto di là, imperioso, della mano di Varia Nestoroff sul braccio di Carlo Ferro.

Il Nuti disse, guardando il Ferro fermamente negli occhi:

— Vuol cedere a me il suo posto e la sua parte? M’impegno davanti a tutti d’assumerla senza patti e senza condizioni. —

Non balzò in piedi Carlo Ferro nè s’avventò contro il provocatore. Con stupore di tutti s’abbassò invece, si distese sguajatamente su la seggiola; piegò il capo da una parte, come a guardare da sotto in sù, e prima alzò un poco il braccio su cui quella mano premeva, dicendo alla Nestoroff:

— La prego... —

Poi, rivolgendosi al Nuti:

— Lei? La mia parte? Ma felicissimo, caro signore! Perchè io sono un gran vigliacco... ho una paura, io, che lei non si può credere. Felicissimo, felicissimo, caro signore! —

E rise, come non ho veduto mai ridere nessuno.

Provocò un brivido in tutti quella risata, e tra questo brivido generale e sotto la sferza di quella risata restò il Nuti come smarrito, certo con l’animo vacillante nell’impeto che lo aveva spinto contro il rivale e che ora cadeva così, di fronte a quell’accoglienza sguajata e beffardamente remissiva. Si guardò attorno, e allora, all’improvviso, nel ve-