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— ...scarpe comprese, per la disinfezione, e t’introduci nudo qua dentro.

— Nudo?

— Nudo, in compagnia d’altri sei o sette nudi. Uno di questi cari amici qua della bacheca apre la chiavetta dell’acqua, e tu, sotto il tubo, zifff... ti prendi gratis, in piedi, una bellissima doccia. Poi t’asciughi magnificamente con l’accappatojo, ti calzi le pantofole di tela, te ne sali zitto zitto in processione con gli altri incappati per la scala; eccola qua; là c’è la porta del dormitorio, e buona notte.

— Imprescindibile?

— Che? La doccia? Ah, perchè tu hai i guanti e le ghette, amico Serafino? Ma te le puoi levare senza vergogna. Ciascuno qua si leva le proprie vergogne d’addosso, e si presenta nudo al battesimo di questa piscina! Non hai il coraggio di scendere fino a queste nudità? —

Non ce ne fu bisogno. La doccia è obbligatoria solo per i mendicanti sporchi. Simone Pau non l’aveva mai presa.

Egli è lì, veramente, professore. Sono annessi a quell’asilo notturno una cucina economica e un ricovero per i ragazzi senza tetto, d’ambo i sessi, figli di mendicanti, figli di carcerati, figli di tutte le colpe. Sono sotto la custodia di alcune suore di carità, che han trovato modo d’istituire per essi anche una scoletta. Simone Pau, quantunque per professione nimicissimo dell’umanità e di qualsiasi insegnamento, dà lezione con molto piacere a quei ragazzi, per due ore al giorno, la mattina per tempo; e i ragazzi gli vogliono un gran bene.