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improvvisa, il vedermi d’un tratto ricomposto nell’abito della mia professionale impassibilità. E anche lei s’intenerì; mi guardò freddamente; disse:

— Speravo di vedervi insieme con la signorina Cavalena.

— Le ho dato da leggere il biglietto, — risposi. — Era già pronta per recarsi alla Kosmograph. L’ho pregata di venire...

— Non ha voluto?

— Non ha creduto. Forse per la sua qualità di ospite...

— Ah, — fece, buttando indietro il capo. — Ma anzi, — soggiunse, — io l’avevo invitata appunto per questo, per la sua qualità di ospite.

— Gliel’ho fatto notare, — dissi.

— E non ha creduto che le convenisse venire? —

Aprii le braccia.

Ella rimase un po’ assorta a pensare; poi, quasi in un sospiro, disse:

— Ho sbagliato. Quel giorno, ricordate? che andammo insieme al Bosco Sacro, mi parve così gentile, e anche contenta di stare accanto a me... Capisco che non era ancora ospite. Ma scusate, non siete ospite anche voi? —

Sorrise, per ferirmi, rivolgendomi quasi a tradimento questa domanda. E in verità, non ostante il mio proponimento di rimanere estraneo a tutto e a tutti, mi sentii ferire. Tanto che risposi:

— Ma tra due ospiti, lei sa bene, si può fare più conto dell’uno che dell’altro.

— Credevo il contrario, — disse. — Non vi fa piacere?

— Nè piacere, nè dispiacere, signora.