Pagina:Pirandello - Quaderni di Serafino Gubbio operatore, Firenze, Bemporad, 1925.djvu/209

conciarla con cura e con amore nella guardaroba dei costumi antichi, e le premeva con un dito sulla guancia un neo di seta che non le si voleva ancor bene attaccare. Il Bongarzoni le ha fatto molti complimenti e la povera piccina si sforzava di sorridere senza scuoter troppo la testa, per timore non le crollasse l’enorme acconciatura. Non sapeva più muovere le gambe entro quell’abito di seta a sbuffi.

Ecco concertata la scenetta. Una gradinata esterna, che discende a un angolo di parco. La damina esce da una loggia chiusa da vetri: scende due gradini; si sporge dalla ringhiera a pilastrini a spiar lontano, nel parco, timida, perplessa, in un’ansia paurosa: poi scende in fretta gli altri gradini e nasconde un biglietto, che ha in mano, sotto la pianta d’alloro, nel vaso in capo alla ringhiera.

— Attenti, si gira! —

Non ho mai girato con tanta delicatezza la manovella della mia macchinetta. Questo grosso ragno nero sul treppiedi già l’ha avuta in pasto due volte. Ma la prima volta, là al Bosco Sacro, la mia mano, nel girare per dargliela a mangiare, ancora non sentiva. Questa volta, invece...

Eh, son rovinato, se la mia mano si mette a sentire! No, signorina Luisetta, no: bisogna che voi non facciate più codesto mestieraccio. Tanto, so perchè lo fate! Vi dicono tutti, anche il Bongarzoni questa mattina, che avete una non comune disposizione naturale all’arte scenica; e ve lo dico anch’io, sì; non per la prova di stamani, però. Oh, la avete disimpegnata come meglio non si poteva; ma io so bene, so bene perchè avete saputo