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stata tesa, con la speranza che m’accada qualche guajo, per cui il signor Nuti, ecco qua, si troverà pronto, con la via aperta e libera. Ecco, questo, questo... mi... mi... —
S’interruppe bruscamente; aggrovigliò le mani e se le storse, digrignando i denti. Fu per me un lampo: sentii d’un subito in quell’uomo tutte le furie della gelosia. Ecco perchè m’aveva chiamato! ecco perchè aveva tanto parlato! ecco perchè era così!
Dunque Carlo Ferro non è sicuro della Nestoroff. Lo guatai al lume d’uno dei rari fanali del viale: aveva il volto scontraffatto, gli occhi feroci.
— Caro Ferro, — gli dissi premurosamente, — se lei crede ch’io possa in qualche modo esserle utile, per tutto quello che posso...
— Grazie! — mi rispose con durezza. — Non... non può... Lei non può... —
Forse in prima voleva dire: «Non mi serve nulla!» — potè contenersi; seguitò:
— Non può essermi utile, se non in questo, ecco: di dire a codesto signor Polacco, che con me si scherza male, perchè la vita o la donna, io non son uomo da farmele strappare così facilmente come lui crede! Questo gli dica! E che se qui accadrà qualche cosa — che accadrà di certo — guaj a lui: parola di Carlo Ferro! Gli dica questo, e la riverisco. —
Accennando appena con la mano un saluto sprezzante, allungò il passo, scappò via.
E la profferta d’amicizia?
Quanto mi piacque quest’improvviso ritorno allo sprezzo! Carlo Ferro può per un momento pensare