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Io domando al direttore:

— Quanti metri? —

Il direttore, secondo la lunghezza della scena, mi dice approssimativamente il numero dei metri di pellicola che abbisognano, poi grida agli attori:

— Attenti, si gira!

E io mi metto a girar la manovella.

Potrei farmi l’illusione che, girando la manovella, faccia muover io quegli attori, press’a poco come un sonatore d’organetto fa la sonata girando il manubrio. Ma non mi faccio nè questa nè altra illusione, e séguito a girare finchè la scena non è compiuta; poi guardo nella macchinetta e annunzio al direttore:

— Diciotto metri, — oppure: — trentacinque. —

E tutto è qui.

Un signore, venuto a curiosare, una volta mi domandò:

— Scusi, non si è trovato ancor modo di far girare la macchinetta da sè? —

Vedo ancora la faccia di questo signore: gracile, pallida, con radi capelli biondi; occhi cilestri, arguti, barbetta a punta, gialliccia, sotto la quale si nascondeva un sorrisetto, che voleva parer timido e cortese, ma era malizioso. Perchè con quella domanda voleva dirmi:

— Siete proprio necessario voi? Che cosa siete voi? Una mano che gira la manovella. Non si potrebbe fare a meno di questa mano? Non potreste esser soppresso, sostituito da un qualche meccanismo? —

Sorrisi e risposi:

— Forse col tempo, signore. A dir vero, la qua-