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sentimenti di colei che vi stava accanto; arsura che non conosce il refrigerio delle lacrime.

A un certo punto ella, guardandovi quasi con trepida ammirazione, vi ha preso una mano e ve l’ha carezzata. Chi sa che invidia accorata di voi le angosciava il cuore in quell’istante!

Avete veduto, come subito dopo, s’è tutta scurita in viso?

Una nuvola è passata... Che nuvola?


§ 3.


Parentesi. Un’altra, sì. Quello che mi tocca fare tutto il giorno, non lo dico; le bestialità che mi tocca dare da mangiare, tutto il giorno, a questo ragno nero sul treppiedi, che non si sazia mai, non le dico; bestialità incarnata da questi attori, da queste attrici, da tanta gente che per bisogno si presta a dare in pasto a questa macchinetta il proprio pudore, la propria dignità; non le dico; ma bisogna pure ch’io mi prenda un po’ di respiro, di tanto in tanto, assolutamente, una boccata d’aria per il mio superfluo; o muojo. Mi interesso alla storia di questa donna, dico della Nestoroff; riempio di lei molte di queste mie note; ma non voglio infine lasciarmi prendere la mano da questa storia; voglio che lei, questa donna, mi resti davanti la macchinetta, o, meglio, ch’io resti davanti a lei quello che per lei sono, operatore, e basta. Quando il mio amico Simone Pau trascura per parecchi giorni di venire a trovarmi alla Kosmograph, vado io la sera a trovarlo a Borgo Pio, nel suo Albergo del Falco.