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togliersi dalla sferza del sole. Non era meglio aspettare sotto la pergola dell’osteria?

— Molte mosche, sa? ma almeno si sta all’ombra. —

La cagnetta pelosa aveva preso a ringhiare contro la Nestoroff, digrignando i denti in difesa della padroncina. Questa, improvvisamente invermigliata in volto, forse per il piacere inopinato di vedere quella bella signora prendersi cura di lei con tanta grazia; fors’anche per la stizza, che la sua vecchia stupida bestiola le cagionava, rispondendo così male alla premura gentile di quella, ringraziò e, confusa, accettò l’invito e smontò con la cagnetta in braccio. Ebbi l’impressione che smontasse sopratutto per riparare alla cattiva accoglienza della vecchia cagnetta alla signora. Difatti, le diede forte con la mano sul muso, sgridando:

— Zitta, Piccinì! —

E poi, volgendosi alla Nestoroff:

— Scusi, non capisce nulla... —

Ed entrò con lei sotto il pergolato. Guardai la vecchia cagnetta, che spiava corrucciata la padroncina da sotto in su, con occhi umani. Pareva le domandasse: — E che capisci tu? —

Il Polacco, intanto, le si era fatto avanti, con galanteria.

— La signorina Luisetta? —

Ella tornò a invermigliarsi tutta, come sospesa in una penosa meraviglia, d’esser conosciuta da uno a lei sconosciuto; sorrise; disse di sì col capo, e tutti i nastri di velluto nero del cappellone di paglia dissero di sì con lei.

Polacco tornò a domandarle: