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che lui, Giami, le chicche, i giocattoliiii. Ma, tu devi voler più bene a me, piccino mio.... assai, assai più, perchè io, sai? ci sono e non ci sono più, per te. Queste cose tu ancora non puoi capirle e non le capirai mai, figlietto mio bello, perchè quando potrai capirle, non ti ricorderai più di me.... che t’ho tenuto in braccio così.... che t’ho stretto a me così.... cosi.... e che ho.... che ho pianto per te, fighuolo....

Con un dito si porta via lo lacrime dagli occhi.

Che dici? Giami? Sì, ora verrà.... Ah, dici d’andarcene? Sì, ora ce ne andremo.... Ma prima bisogna che venga Giami.... e tu devi star bonino.... Guarda qua.... ecco, ti dò questa borsetta, e tu ci giochi, eh?

Cava dal taschino del panciotto una borsetta di seta rossa a maglia, con anellini d’acciaio, piena di monetine.

Senti come suona? Ah, ecco Giami.... Va’.... va’....

va’ da Giami....

Si alza col bambino e lo spinge verso Giacomino che entra dall’uscio a sinistra, tm’bido, rabbuffato.

Dio, che faccia.... Oh, Giacomino?

Giacomino. Che ha da dirmi, professore?

Toti.

Come! E non vedi il bambino?

Giacomino.

Io mi sento male, professore.... Ero buttato sul letto.... Non posso né parlare e neanche guardare....

Toti.

Va bene; ma il bambino?