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mi basterà vedere nella donna che di nome sarà mia — una madre.

Fabio.

Ecco, già.... benlssyiio!

Baldovino.

E concepire i miei rapporti con lei a traverso la creaturina che verrà — cioè, a traverso l’ufficio che mi toccherà d’adempiere; candido, nobihssimo ufficio, tutto compreso dell’innocenza del nascituro o della nascitura, che sarà. — Va bene cosi?

Fabio.

Benissimo, si, si, benissimo!

Baldovino.

Per me, badi, non per lei benissimo! — Lei, signor marchese, più approva e più va incontro a un mondo di guaj!

Fabio.

Come.... perchè, scusi? — Io non vedo tutte codeste difficoltà che vede lei!

Baldovino.

Credo mio obbligo fargliele vedere, signor marchese. Lei è un gentiluomo. Necessità di cose, di condizioni, la costringono a non agire onestamente. Ma lei non può fare a meno dell’onestà! Tanto vero che, non potendo trovarla in ciò che fa, la vuole in me. Devo rappresentarla io, la sua onestà: — esser cioè, l’onesto marito d’una donna, che non può essere sua moglie; l’onesto padre d’un nascituro, che non può essere suo figliuolo. — r. vero questo?

Fabio.

Sì, sì — è vero.

Baldovino.

Ma se la donna è sua, e non mia; se il figliuolo è suo, e non mio, non capisce che non basterà