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gnor marchese, è presto fatto: tutto sta, poi, se possiamo essere quali ci vogliamo. — Non siamo solil — Siamo noi e la bestia. La bestia che ci porta. — Lei ha un bel bastonarla: non si riduce nTat a ragione. — Vada a persuader l’asino a non andare rasente ai precipizii: — si piglia nerbate, cinghiate, strattoni; ma va li, perchè non ne può far di meno. E dopo che lei l’ha bastonata, pestata ben bene, le guardi un ]»o’gh occhi addogliati: scusi, non ne sente pietà? — Dico pietà; non scusarla! — L’intelligenza che scusi la bestia, s’imbestialisce anch’essa. Ma averne pietà è un’altra cosa! Non le pare?

Fabio.

Ah, certo.... certo.... — Voghamo dunque venire a noi?

Baldovino.

a siamo, signor marchese. Le ho detto questo, per farle intendere che, avendo il sentimento di quel che faccio, ho anche una certa dignità che mi preme di salvare. Non c’è altro mezzo dì salvarla, che parlando aperto. — Fingere, sarebbe orribile, oUre che laido, volgarissimo. — La verità!

Fabio.

Ecco, si.... chiaramente.... Vedremo d’intenderci....

Baldovino.

E, allora, se permette, domanderò.

Fabio.

Come dice?

Baldovino.

Le farò qualche domanda, se permette.

Fabio.

Ah, si, domandi pure....