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corge della suocera cosi perdutamente abbracciata alla moglie, e inveisce, furente:
Ah! Questo hanno fatto? L’avevo detto io! Si sono approfittati cosi, vigliaccamente, della mia buona fede?
Signora Ponza
volgendo il capo velato, quapi con austera solennità, verso il marito.
Non temere! — Non temere! Conducila via.... — Andate, andate....
Signora Frola.
si stacca subito, da sé, tutta tremante, umile, dall’abbraccio, e accorre premurosa a lui.
Si, sì.... andiamo, caro, andiamo.... andiamo....
E tutti e due abbracciati, carezzandosi a vicenda, tra due diversi pianti, si ritirano. Silenzio. Dopo aver seguito con gli occhi fino all’ultimo i due, tutti si rivolgono ora sbigottiti e commossi alla signora velata.
Signora Ponza. Che altro possono voler da me, dopo questo, lor signori? Qui c’è una sventura, come vedono, che deve restar nascosta, perchè solo cosi può valere il rimedio che la pietà le ha prestato.
Il Prefetto.
commosso.
Ma noi voghamo, vogliamo rispettar la pietà, signora.... Vorremmo però che lei ci dicesse....
Signora Ponza.
Che cosa? La verità: è solo questa: che io sono, sì, la figha della signora Frola, — e la seconda moglie del signor Ponza; sì, e per me nessuna! nessuna!