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Dina.

Io, figlia, non pretenderei che mia madre salisse per me ogni giorno novanta, cento scalini; ma non potrei resistere, non potrei contentarmi di vederla, di parlarle così, da lontano, dall’alto, senza abbracciarla, senza sentirmela vicina....

Signora Frola.

vivamente turbata, imbarazzata.

Ha ragione.... Eh si.... ecco.... bisogna che io dica.... Non vorrei che loro pensassero della mia figliuola ciò che non è, che abbia per me poco affetto,... poca considerazione.... E anche di me, che sono mamma.... Novanta, cento scalini possono essere impedimento a una madre, sia pur vecchia e stanca, quando si tratti di stringersi al cuore la propria figliuola?

Signora Sirelli.

trionfante.

Ah, ecco! Lo dicevamo noi, signora! Ci dev’essere una ragione!

AUAUA

con intenzione. C’è, vedi, Lamberto? C’è una ragione!

SlRELU

pronto. Suo genero, eh?

Signora Frola.

Oh, ma per carità, non pensino male di lui! È un così bravo giovine! Buono, buono.... Lor signori non possono immaginarsi quanto sia buono! Che affetto tenero e dehcato, pieno di premure, alDbia per me! E non dico l’amore e le cure che ha per la mia fighuola! Ah, credano che non avrei potuto desiderare per lei un marito migUore I Signora Sirelu. Ma.... allora?...

Signora Cini.

Non sarà lui, allora, la ragione!