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Giacomino.

Eva bene! Faccia, faccia quello che vuole, professore! Io già questo me l’aspettavo....

Toti.

Ah SÌ? Te l’aspettavi! Ma quello che non t’aspetti, son capace di farlo, sai? Ora stesso, con questo bambino per mano, io vado a presentarmi alla tua fidanzata!

Giacomino.

Ah, no, perdio! Questo, professore, lei non lo farà!

Toti.

Non lo farò? E chi me l’impedisce? Tu?

Giacomino. Gliel’ impedisco io, si! Perchè lei non ha il diritto d’andare a turbare una povera ragazza!

Toti.

Non ho il diritto? Chi t’ha detto che non l’ho? Io difendo la madre a questa creaturina! difendo questa creaturina! e difendo anche te, ingrato, che non ragioni più! Io vado a trovarla, vado a trovar suo padre, gh espongo il caso, gh presento qua questo piccino, e gh domando se c’è coscienza a rovinar così una casa, una famiglia, a far morire di crepacuore un povero vecchio, una povera madre, e lasciar senz’ajuto e senza guida un povero innocente come questo, Giacomino, come questo.... Ma non lo vedi? non hai più cuore, flghuolo mio? non lo vedi qua, il tuo piccino? è tuo! è tuo!

Lo prende e glielo appende al collo. Giacomino non resiste più, lo abbraccia, lo bacia, sulla testa; e allora il professor Toti, al colmo della commozione, ride, piange, come impazzito, grida:

Santo figliuolo.... santo fìgUuolo mio.... Ah, che bene mi fai!... Lo volevo dire.... lo volevo dire.... Via, via.... andiamo! Andiamo ora!... Non fa nulla....