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Giacomino.

Ma scusi, professore.... scusi, che mi voleva schiavo lei?

Toti.

Io? schiavo?

Ha uno schianto nella voce, e insorge a poco a poco.

Ah! lo puoi dire? Io? io che t’ho fatto padrone della mia casa? Codesta, si, vedi? codesta, si, che è vera ingratitudine! E che t’ho forse fatto il bene per me, io, fighuolo mio? Che ne ho avuto io del bene che t’ho fatto? Le ingiurie, la baja di tutta la gente stupida che non vuol capire il sentimento mio! Ah, dunque non vuoi capirlo neanche tu, il sentimento di questo povero vecchio che sta per andarsene e che era tranquillo e contento di lasciar tutto a posto, una madre.... il bambino.... e te.... in buone condizioni.... felici? Io ho settant’anni; io domani me ne vado, Giacomino! Che ti sei impazzito, fighuolo mio? Non so ancora.... e non vogUo sapere chi è, la tua fidanzata.... Chi è? No, non me lo dire! non voglio saperlo! Sarà buona, sarà buona certo, se l’hai scelta tu, un’onesta giovine — perchè tu sei buono, lo so.... — Ma pensa, pensa che non è possibile che tu abbia trovato di meglio, Giacomino, della madre di questo bambino! Non ti parlo dell’agiatezza soltanto, bada! Ma tu hai ora la tua famigha, in cui non ci sono di più che io, io solo ancora per poco.... io che non conto per nulla.... Ma che fastidio vi dò io? Io sono come il padre di tutti.... Io posso anche, se tu vuoi, per la vostra pace.... sì, me ne posso anche andare.... Ma dimmi come è stato? Clie cos’è accaduto? come ti s’è voltata così tutt’a un tratto la testa, figliuolo mio? Dimmelo.... dimmelo....

Lo prende per le braccia.