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Toti.
Ah sì? Bravo, bravo.... Non abbiamo più bisogno di nessuno ora, eli?
Giacomino.
Non per questo, professore! Se lei non vuol capire....
Toti.
Che devo capire? Piano, figliuolo mio.... scusa! Dobbiamo ragionare? E vuoi ragionare cosi? Mi puoi impedire, scusa, mi puoi impedire, se io voglio farti un po’ di bene, che te lo faccia!
Giacomino.
Ma se io non lo voglio? Se le dico che io non lo vogho?
Toti.
Tu non lo vuoi, e io te lo voglio fare! Per mio piacere! Non son padrone? Mi dici che non debbo curarmi più di te.... E se non mi curo più di te, di chi vuoi che mi curi io? Aspetta! Senza furie! Poi parlerai tu; lascia parlare a me adesso! Devi sapere, figliuolo mio, che ai vecchi — ai vecchi, s’intende, che non siano egoisti e che hanno tanto stentato nella vita, com’ho stentato io, per arrivare a farsi, bene o male, uno stato — piace, figliuolo mio, di vedere i giovani come te meritevoh farsi avanti per loro mezzo, e godono se essi sono contenti, godono della loro allegria, delle speranze che loro si aprono, del posto che prendono in società.... E se possono risparmiar loro tutti gh stenti ch’essi sanno, come fa ogni buon padre coi suoi fighuoli....
S’interrompe. Ma scusa, non lo sai tu, Giacomino, non lo sai che io ti considero tal quale come un figliuolo mio? Che è? Che fai? Piangi?
Giacomino ha nascosto infatti il volto tra le mani e sussulta