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l’ironia comica nella poesia cavalleresca 95

ripeto, la consistenza stessa della realtà; quanto nello stile e nella rappresentazione del poeta, il quale con meraviglioso accorgimento ha compreso, che così soltanto, rivaleggiando cioè con la stessa magia, poteva salvar gli elementi irriducibili della materia e renderli con tutto il resto coerenti. Ne vogliamo una prova? Il poeta rivaleggia con la magia d’Atlante, nel canto XII: il mago ha innalzato un castello, ove i cavalieri si travagliano invano a cercar le loro donne ch’essi vi credono rapite; tre, Orlando, Ferraù e Sacripante, vi cercano la finta immagine d’Angelica, che essi credon vera. Ebbene, il poeta, più mago d’Atlante, fa che Angelica viva e vera entri in quel castello. Angelica che può rendersi vana come quella vana immagine creata da Atlante per magia.

Quivi entra, che veder non la può il Mago;
E cerca il tutto, ascosa dal suo anello;
E trova Orlando e Sacripante vago
Di lei cercar invan per quello ostello.
Vede come fingendo la sua immago
Atlante usa gran fraude a questo e a quello.
Chi tor debba di lor molto rivolve
Nel suo pensier, nè ben se ne risolve.
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L’anel trasse di bocca, e di sua faccia
Levò dagli occhi a Sacripante il velo.
Credette a lui sol dimostrarsi, e avvenne
Ch’Orlando e Ferraù le sopravvenne.
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Corser di par tutti alla donna, quando
Nessun incantamento gl’impediva;
Perchè l’anel ch’ella si pose in mano
Fece d’Atlante ogni disegno vano.

È una magia che entra in un’altra. Il poeta s’avvale di quest’elemento, lo fa anzi siffattamente suo, che in un momento innanzi a gli occhi nostri illusi la realtà