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94 parte prima

inferiore. Egli la domina da assoluto padrone e secondo l’imprevedibile capriccio della sua meravigliosa fantasia creatrice combina e separa, associa e dissocia tutti gli elementi ch’essa gli fornisce. Con questo giuoco, che maraviglia e incanta per la sua prodigiosa agilità, egli riesce a salvar sè e la materia. Dov’egli può, cioè in quel che han di eterno i sentimenti umani e le umane illusioni, egli s’immedesima tutto, fino a dar la stessa consistenza della realtà alla sua rappresentazione; dove non può, dove agli occhi suoi stessi si scopre le irrealità irreparabile di quel mondo, egli dà invece alla rappresentazione una leggerezza, quasi di sogno, che si ilara tutta d’una sottilissima ironia diffusa, che non rompe quasi mai l’incanto nè di questa o di quell’opera di magia rappresentata, nè quello assai più meraviglioso che opera la magia del suo stile.

Ecco, ho detto la parola: la magia dello stile. Il poeta ha compreso che a un solo patto si poteva dar coerenza estetica e verità fantastica a quel mondo, ove appunto la magia ha tanta parte: a patto che il poeta diventasse un mago a sua volta, e il suo stile dalla magia prendesse qualità e virtù. E c’è l’illusione che il poeta crea a noi, e talvolta anche a sè stesso, immedesimandosi nel giuoco fino ad abbandonarvisi tutto. Ah, quel giuoco tanto gli par bello, che amerebbe di crederlo realtà: non è, pur troppo! Tanto che, di tratto in tratto, il velo sottilissimo si squarcia; attraverso lo squarcio la realtà vera, del presente, si scopre, e allora l’ironia diffusa si raccoglie d’un subito e con improvviso scoppio s’appalesa. Questo scoppio però non stride, non urta mai troppo: si presenta sempre. E oltre alle illusioni che il poeta crea a noi e a sè stesso, ci son quelle che i personaggi si creano e quelle che a loro creano i maghi e le fate. È tutto un giuoco d’illusioni, fantasmagorico. Ma la fantasmagoria non è tanto nel mondo rappresentato, che ha sovente,