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92 | parte prima |
sembri più ispirata da esso, ma che esso invece spiri dalla rappresentazione. In altre parole, l’artista vorrà la sua rappresentazione com’essa si vuole, quand’egli la sente com’essa si sente. Avviene, invece, il più delle volte che il sentimento non riesca a purificarsi e a idealizzarsi, e allora àltera, guasta o fa comunque impeto scomposto nella rappresentazione.
Il tono con cui si ripete la frase: — Ho lavorato per amore dell’arte — ci spiega la ragione per cui la maggioranza degli uomini, che lavorano per fini di pratica utilità e che non intendono i sentimenti disinteressati, suol chiamare matti i poeti veri, quelli cioè in cui la rappresentazione si vuole per sè stessa senz’altro fine che in sè medesima, e tale essi la sentono com’essa si sente, e tale la vogliono, quale essa si vuole. Non ricorderò qui la domanda del cardinale Ippolito a Messer Lodovico. Il quale però, per tutta risposta, avrebbe potuto rileggergli quell’ottava del canto ove si narra del viaggio di Astolfo alla Luna:
Non sì pietoso Enea, nè forte Achille
Fu, com’è fama, nè si fiero Ettorre;
E ne son stati e mille e mille e mille
Che lor si puon con verità anteporre:
Ma i donati palazzi e le gran ville
Dai discendenti lor, gli ha fatto porre
In questi senza fin sublimi onori
Dall’onorate man degli scrittori...
Dal che si può vedere come anche in un grandissimo poeta un sentimento almeno in parte non disinteressato potè macchiar l’opera e mortificarla.
Fortunatamente questo avvenne per una parte soltanto del poema. In qualche altro punto si può notare che la riflessione più che il sentimento muova la rappresentazione; la quale allora perde l’azione spontanea, d’essere organico e vivente, e acquista un movimento