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l’ironia comica nella poesia cavalleresca |
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gettivando con la volontà il proprio sentimento. Di vero, insomma, non c’è che la rappresentazione che noi ci facciamo del mondo esteriore, rappresentazione continuamente mutabile e infinitamente varia. Questa rappresentazione è per noi la verità oggettiva, ed è illusione e finzione; tuttavia non è ancora arte, perchè è in noi senza volontà; noi non possiamo volerla o non volerla. Il fatto estetico comincia quando questa rappresentazione acquista in noi volontà, azione. L’arte è dunque la rappresentazione che si vuole, che vuole sè stessa; e si vuole secondo l’ispirazione del sentimento da cui è nata. Quel che dà infatti valore espressivo alla rappresentazione che si vuole è il sentimento. Ma per sè stesso questo non potrebbe nulla, se non provocasse nella rappresentazione il movimento che la effettui, la volontà. Se non vi suscita dentro questa volontà, che è appunto l’azione dell’immagine, il sentimento è sterile. Naturalmente questo non avviene in tutti, non avviene in tutti voglio dire il fatto estetico, della rappresentazione cioè che si vuole per sè stessa, senz’altro fine che in sè medesima. Perchè questo avvenga, bisogna che il sentimento sia prima di tutto disinteressato. Generalmente invece i sentimenti sono interessati e interessata è l’azione ch’essi provocano: la rappresentazione non si vuole più per sè stessa ed è effettuata secondo i fini e gl’interessi del sentimento che l’ispira. Una prova di questo si può avere nella frase che ciascuno suol ripetere: — «Ho lavorato per amore dell’arte» — ogni qual volta, per disgrazia, contro ogni aspettativa, il proprio fine, i proprii interessi siano stati frustrati. Ma il sentimento può essere anche altrimenti interessato, cioè anche senza un fine di pratica utilità. Tutti i sentimenti così detti organici sono interessati. Perchè un sentimento divenga estetico, bisogna che si disinteressi, e purificato, idealizzato, si trasfonda tutto nella rappresentazione, per modo che questa non