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l’ironia comica nella poesia cavalleresca | 89 |
tuizione del De Sanctis, nota a questo punto che, in verità «quando una creatura vive nella fantasia d’un poeta, ella si rivelerà intera in qualunque circostanza si trovi. Il poeta non ha da sceglier nulla, perchè quella creatura è libera, autonoma, fuori del poeta medesimo, e non si può trovare se non in quelle situazioni a cui la sospinge il suo carattere in contrasto coi caratteri circostanti. Le situazioni vengon da sè, non le sceglie il poeta; il quale dee soltanto curare che in ciascuna situazione, anche la meno drammatica, il personaggio apparisca tutto, con tutte le sue determinazioni interiori. E allora una sola situazione basterà a farci conoscere quella creatura; e noi sapremo a un dipresso ciò che ella farà in situazioni «più favorevoli». Il carattere di Farinata è già tutto ne’ primi sei versi co’ quali ei si volge a Dante; quello d’Amleto è già tutto nella scena dell’udienza a Corte; quello di don Abbondio è già tutto nella sua passeggiata in vista de’ bravi. Certo, la successione delle situazioni accresce intensità ed evidenza al carattere; ma qualunque situazione è una situazione estetica».
Per il Cesareo, al Bojardo manca per l’appunto la visione completa del carattere; ed io son d’accordo con lui. Su un altro punto io dissento dal De Sanctis, cioè là dove egli dice che il Bojardo «per intenzioni pedantesche, ha voluto fare seriamente quanto è sostanzialmente ridicolo». Codeste intenzioni pedantesche nel Bojardo veramente non so vederle, come non so vedere ch’egli abbia voluto esser serio e che soltanto «per la forza dei tempi» sia riuscito ridicolo. Se, come dice lo stesso De Sanctis, egli «ride delle sue invenzioni», non ha voluto esser serio. Secondo me, anzi, il torto del Bojardo è proprio là dove il Rajna crede di difenderlo da una ingiustizia: che egli, cioè, nobile cavaliere, animato da una profonda simpatia per i costumi cavallereschi, cioè per l’amore, la gentilezza, il valore, la cortesia,