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l’ironia comica nella poesia cavalleresca 67


Esaminando poi ad uno ad uno tutti i poemi, il Nyrop è costretto a riconoscere che la religione, la quale, accanto al furore bèllico, si presenta come uno dei principali motivi nell’epica francese, è una concezione «puerile», anzi la religiosità, egli dice, «occorre il più delle volte nei poemi come qualche cosa di esteriore, aggiunto agli eroi, per la qualcosa sta in generale anche in contraddizione con le loro azioni. In altre parole: gli eroi non sembrano essere intieramente convinti della verità di tutte le belle sentenze cristiane che si pongono loro in bocca; il loro carattere e il loro interiore mal s’accorda coi miti ed umani dommi del cristianesimo, e ne risulta perciò spesso una contraddizione insolubile che apparisce fortemente nei loro discorsi e nelle loro azioni. Così, per recare un esempio, non è raro che l’uno o l’altro eroe dimentichi nelle sue preghiere sè stesso al punto di aggiungere le peggiori minacce se Dio non gli concede quello che egli chiede. Ed io credo, — soggiunge il Nyrop, — che il Gautier e il D’Avril siano molto fuor di strada, quando considerano la religiosità come il più importante elemento dell’epopea.

L’entusiasmo del Gautier ogni volta che gli eroi nominano il nome di Dio è talora ridicolo; egli va in estasi per la frase più bassa e triviale in cui si parli di angeli ed esclama tosto: sublime, incomparable; e quando s’imbatte in qualche verso così stereotipo come questo «Foi que doi Dieu, le fils sainte Marie», egli lo chiama una energica affermazione di fede. Il suo punto di veduta, preso nel suo insieme, è così limitato ed estremamente cattolico, che non vale la pena di combatterlo. Io concepisco solo la religiosità degli eroi come qualche cosa che per una parte fu aggiunta più tardi, forse al tempo delle crociate, e diventa perciò soltanto un fattore concomitante ma subordinato; la mia opinione può ben anche essere appoggiata da