Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
52 | parte prima |
nel latino di Cicerone e di Plinio, è pur lontanissima dal significare quella delicata affezione o passion d’animo che intendiamo noi: malinconia per Cecco significa sempre non aver denari da scialacquare, non tener la Becchina a sua posta, aspettare invano che il padre vecchissimo e ricco si muoja
ed e’ morrà quando il mar sarà sicco
si ll’à dio fatto per mio strazio sano!
Un certo verso che il D’Ancona chiama singhiozzante e che cita per ultimo a concludere che ogni sforzo che il poeta faccia per liberarsi della malinconia gli riesce inutile:
con gran malinconia sempre istò,
non ha affatto il carattere compendioso, nè il valore espressivo che il D’Ancona gli vuole attribuire. Il contrasto, quel che par sorriso ed è dolore, in Cecco in somma non c’è mai. A provarlo, il D’Ancona cita anche qui due versi, staccandoli da tutto il resto e dando ad essi un valore espressivo che non hanno:
Però malinconia non prenderaggio
anzi m’allegrerò del mi’ tormento.
Segue in fatti a questi due versi una terzina, che non solo spiega l’apparente contrasto, ma lo distrugge affatto. Cecco non prenderà malinconia, anzi s’allegrerà del suo tormento, perchè ha udito dire a un uomo saggio:
che ven un dì che val per più di cento.
E il dì sarà quello de la morte del padre, che gli permetterà di far gavazze, come allude in un altro sonetto:
Sed i’ credesse vivar un dì solo
più di. colui che mi fa vivar tristo,
assa’ di volte ringrazere’ Cristo...