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l'umorismo e la retorica 51

non riuscirono a manifestarla, a darle espressione, per rispettare appunto le leggi esterne della composizione artistica.

L’umorismo, come vedremo, per lo specialissimo contrasto essenziale in esso, inevitabilmente scompone, disordina, discorda: l’arte, invece, com’era insegnata dalla scuola, dalla retorica, era soprattutto composizione esteriore, accordo logicamente ordinato. E si può veder difatti che tanto quegli scrittori nostri i quali nel senso più largo e più comune della parola si sogliono chiamare umoristi, quanto quegli altri che sono veramente e propriamente tali, o son di popolo o popolareggianti, lontani cioè dalla scuola, o son ribelli alla Retorica, cioè alle leggi esterne della tradizionale educazione letteraria. Si può vedere, infine, che quando questa tradizionale educazione letteraria fu spezzata, quando il giogo della poetica intellettualistica del classicismo fu infranto dall’irrompere del sentimento e della volontà, che caratterizza il movimento romantico, quegli scrittori che avevano una natural disposizione all’umorismo la espressero nelle loro opere, non per imitazione, ma spontaneamente.

Alessandro D’Ancona in quel suo studio su Cecco Angiolieri, da cui abbiamo preso le mosse, volle scorgere i caratteri del vero umorismo nella poesia di questo nostro bizzarro poeta del sec. XIII. Ora questo, no, veramente. L’esempio dell’Angiolieri può giovarci per chiarire quanto abbiamo detto or ora e non per altro. Io ho già dimostrato altrove1 che i caratteri del vero umorismo mancano assolutamente all’Angiolieri come gli mancano pur quelli ritenuti tali dal D’Ancona. La parola malinconia in Cecco, ad esempio, se non ha più il senso materiale originario che aveva


  1. Vedi il mio volume Arte e Scienza (Roma, W. Modes ed. 1908) I sonetti di Cecco Angiolieri.