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IV


L’umorismo e la retorica


Giacomo Barzellotti, nel suo volume Dal Rinascimento al Risorgimento,1 seguendo i concetti e il sistema del Taine e anche qualche idea espressa dal Bonghi nelle Lettere critiche, e da un saggio di etologia della nostra coltura, inteso a ricercare la mutua dipendenza tra le disposizioni morali e sociali, gli abiti della mente, gl’istinti di razza del nostro popolo e le sue abitudini a concepire e ad esprimere il bello, passando a studiare Il problema storico della prosa nella Letteratura italiana, dice che uno dei pregiudizii nostri è «quello di presupporre che l’arte dello scrivere sia, solo o prima di tutto, un lavoro esterno di forma e di stile, mentre la forma stessa e lo stile, il cui studio è bensì essenziale allo scrivere, sono avanti a tutto, un’opera intima di pensiero, vale a dire una cosa che non si può ottener bene se si prenda immediatamente e come un fine in sè, una cosa a cui non si giunge se non movendo da un’altra parte, cioè dal di dentro, dal pensiero, non dalla parola, dallo studio, dalla meditazione e dalla elaborazione profonda della materia, del soggetto e dell’idea».

Ora questo pregiudizio, come si sa, fu quello de la


  1. Palermo, R. Sandron ed. 1904.