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distinzioni sommarie 43

scoli, — in ogni lingua e letteratura un quid speciale e intraducibile, che pochi sanno percepire nella lingua e letteratura lor propria e avvertono, invece, senza difficoltà nelle altrui. Ogni lingua straniera, pur da voi non intesa, vi suona all’orecchio più, dirò, mirabilmente, che la vostra. Un racconto, una poesia, esotici, vi sembrano più belli, anche se mediocri, di molte belle cose nostrane; e tanto più, quanto più conservano di quell’assenza nazionale. Ora non crediate che la vostra lingua e letteratura non abbiano a fare il medesimo effetto negli altri che quelle altre in noi!»

Una prova di questo fatto si può avere in ciò che W. Roscoe scrisse nel cap. XVI, § 12 della sua opera Vita e pontificato di Leon X, a proposito dei Berni. Il Roscoe, inglese, e che perciò di quel che comunemente nel suo paese s’intende per humour doveva aver coscienza, scrisse che le facili composizioni del Berni e del Bini e del Mauro, ecc. «non è improbabile che abbiano aperta la strada ad una simile eccentricità di stile in altri paesi» e che «in verità può concepirsi l’idea più caratteristica degli scritti del Berni e dei compagni e seguaci di lui col considerare esser quelli in versi facili e vivaci la stessa cosa, che sono le opere in prosa di Rabelais, di Cervantes e di Sterne».

E non ci dà Antonio Panizzi, che lungamente visse in Inghilterra e degli scrittori nostri scrisse in inglese, una definizione dello stile del Berni, che risponde in gran parte a quella che il Nencioni poi volle dare dell’umorismo? «I precipui elementi dello stile del Berni — dice il Panizzi — sono: l’ingegno che non trova somiglianza tra oggetti distanti e la rapidità onde subitamente connette le idee più remote; il modo solenne onde allude ad avvenimenti ridicoli e profferisce un’assurdità; l’aria d’innocenza e d’ingenuità con che fa osservazioni piene d’accorgimento e conoscenza del mondo, la peculiar bonarietà con che sembra