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questioni preliminari 31

il filo di un’arma che non sia troppo aguzzo, durò lungo tempo; dove questo, come ha una punta sottilissima, più o meno secondo i tempi e le nazioni, così anche in un batter d’occhio si logora e si consuma, e dal volgo poi non si sente, come il taglio del rasojo a prima giunta».

Il Leopardi, evidentemente, parla qui dell’esprit francese in contrapposizione del ridicolo classico, senza pensare però che questo «esprit de conversation, le talent de faire des mots, le goût des petites phrases vives, fines, imprévues, ingénieuses, dardées avec gaieté ou malice»,1 è classico anch’esso e antichissimo in Francia: Duas res industriosissime persequitur gens Gallorum, rem militarem et argute loqui. Questo esprit nativo in Francia, che si raffina anch’esso a mano a mano e diviene un po’ convenzionale, elegante, aristocratico, in certi periodi letterarii, non è certamente l’humour moderno, e tanto meno quello inglese che il Taine gli contrappone, come fatto appunto di cose più che di parole o, sotto un certo aspetto, fatto di buon senso, se — come pensava il Joubert — l’esprit consiste nell’aver molte idee inutili e il buon senso nell’esser provvisto di nozioni necessarie. Non confondiamo dunque.

Nel 1899 Alberto Cantoni, argutissimo nostro umorista,2 che sentiva profondamente il dissidio interno tra la ragione e il sentimento e soffriva di non poter essere ingenuo come prepotentemente in lui la natura avrebbe voluto, riprese l’argomento in una sua novella critica intitolata Humour classico e moderno,3 nella


  1. Vedi H. Taine, Notes sur l’Angleterre (Paris, Hachette et Cie, douzieme édition, 1903) — ch. VIII, De l’esprit anglais, pag. 339.
  2. Vedi su lui il mio saggio Un critico fantastico nel vol. Arte e scienza (Roma, W. Modes ed., 1908).
  3. Il Cantoni chiama propriamente questo suo lavoro grottesco, forse per la contaminazione dell’elemento fantastico con la critica.