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caratteri e materia dell’umorismo | 163 |
lui «si trovava tra quegli argomenti come un pulcino negli artigli del falco, che lo tengono sollevato in una regione sconosciuta, in un’aria che non ha mai respirata». Il paragone è bello, quantunque a qualcuno l’idea di rapacità e di fierezza che è nel falco sia sembrata poco conveniente al Cardinal Federigo. L’errore, secondo me, non è tanto nella maggiore o minor convenienza del paragone, quanto nel paragone stesso, per amore del quale il Manzoni, volendo rifar la favoletta d’Esiodo, s’è forse lasciato andare a dir quello che non doveva. Si trovava don Abbondio veramente sollevato in una regione sconosciuta tra quegli argomenti del Cardinal Borromeo? Ma il paragone dell’agnello tra i lupi si legge nel Vangelo di Luca, dove Cristo dice appunto a gli apostoli: «Ecco, io mando voi come agnelli tra i lupi». E chi sa quante volte dunque don Abbondio lo aveva letto; come in altri libri chi sa quante volte aveva letto quegli ammonimenti austeri, quelle considerazioni elevate. E diciamo di più: forse lo stesso don Abbondio, in astratto, parlando, predicando della missione del sacerdote, avrebbe detto su per giù le stesse cose. Tanto vero che, in astratto, egli le intende benissimo:
— Monsignore illustrissimo, avrò torto, — risponde infatti; ma s’affretta a soggiungere: — Quando la vita non si deve contare, non so cosa mi dire.
E allorchè il Cardinale insiste:
— E non sapete voi che il soffrire per la giustizia è il nostro vivere? E se non sapete questo, che cosa predicate? di che siete maestro? qual’è la buona nuova che annunziate ai poveri? Chi pretende da voi che vinciate la forza con la forza? Certo non vi sarà domandato, un giorno, se abbiate saputo fare stare a dovere i potenti; chè a questo non vi fu dato nè missione, nè modo. Ma vi sarà ben domandato se avrete adoperati i mezzi ch’erano in vostra mano per far ciò