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caratteri e materia dell'umorismo 149

fa, essa la critica, non freddamente, come farebbe un giudice spassionato, analizzandola; ma d’un tratto, mercè l’impressione che ne riceve.

Questo, ordinariamente. Vediamo adesso se, per la natural disposizione d’animo di quegli scrittori che si chiamano umoristi e per il particolar modo che essi hanno di intuire e di considerar gli uomini e la vita, questo stesso procedimento avviene nella concezione delle loro opere; se cioè la riflessione vi tenga la parte che abbiamo or ora descritto, o non vi assuma piuttosto una speciale attività. Ebbene, nella concezione di ogni opera umoristica, la riflessione non si nasconde, non resta invisibile, non resta cioè quasi una forma del sentimento, quasi uno specchio in cui il sentimento si rimira; ma gli si pone innanzi, da giudice; lo analizza, spassionandosene; ne scompone l’imagine; da questa analisi però, da questa scomposizione, un altro sentimento sorge o spira: quello che potrebbe chiamarsi, e che io difatti chiamo il sentimento del contrario.

Ecco subito un esempio, che per la sua lampante chiarezza, si potrebbe dir tipico. Un poeta, il Giusti, entra un giorno nella chiesa di Sant’Ambrogio a Milano, e vi trova un pieno di soldati,

Di que’ soldati settentrionali,
Come sarebbe boemi e croati,
Messi qui nella vigna a far da pali...

Il suo primo sentimento è d’odio: quei soldatacci ispidi e duri son lì a ricordargli la patria schiava. Ma ecco levarsi nel tempio il suono dell’organo: poi quel cantico tedesco lento lento,

D’un suono grave, flebile, solenne


che è preghiera e pare lamento. Ebbene, questo suono determina a un tratto una disposizione insolita nel