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144 parte seconda

trate, e tutte naturalmente hanno una parte di vero, e nessuna è la vera.

Certamente, dalla somma di tutte queste varie caratteristiche e delle conseguenti definizioni si può arrivare a comprendere, così, in generale, che cosa sia l’umorismo; ma se ne avrà sempre una conoscenza sommaria ed esteriore, appunto perchè fondata su queste sommarie ed esteriori determinazioni incomplete.

La caratteristica, ad esempio, di quella tale peculiar bonarietà o benevola indulgenza che scoprono alcuni nell’umorismo, già definito dal Richter «malinconia d’un animo superiore che giunge a divertirsi finanche di ciò che lo rattrista»,1 quel «tranquillo, giocondo e riflesso sguardo su le cose», quel «modo d’accogliere gli spettacoli divertenti, che sembra, nella sua moderazione, soddisfare il senso del ridicolo e domandar perdono di ciò che v’è di poco delicato in tal compiacimento», quella tale «espansione degli spiriti dall’interno all’esterno incontrata e ritardata dalla corrente contraria d’una specie di benevolenza pensosa», di cui parla il Sully nel suo Essai sur le rire,2 non


  1. Del Richter si possono citare parecchie definizioni. Egli chiama anche l’umorismo «sublime a rovescio». La descrizione migliore, secondo il suo modo d’intenderlo, è quella a cui abbiamo già accennato altrove, parlando della diversità del riso antico dal riso moderno: «L’umore romantico è l’atteggiamento grave di chi compari il piccolo mondo finito con l’idea infinita: ne risulta un riso filosofico che è misto di dolore e di grandezza. È un comico universale, pieno di tolleranza cioè e di simpatia per tutti coloro che, partecipando della nostra natura, ecc. ecc.». Altrove parla di quella certa «idea che annienta», che ha avuto molta fortuna presso i critici tedeschi, anche applicata in un senso meno filosofico. Der Humor kann, dice il Lipps, schliesslich ein vollbewusster sein. Er ist ein solcher, wenn der Träger desselben sich sowohl des Rechtes, als auch der Beschränktheit seines Standpunktes, sowohl seiner Erhabenheit als auch seiner relativen Nichtigkeit bewusst ist
  2. Paris, Alcan, 1904, pag. 276.