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130 parte prima

il resto corra a la fortuna... Che Ambrogio ne la centesima e duodecima spinta abbia spaccio et ispedito il negozio con la mogliera, e che non la ingravide per questa volta, ma ne l’altra volta, con quel seme in cui si convertisce quel porro cotto che mangia al presente con sapa e pane miglio».

E questo per dimostrare a Sofia che s’inganna se pensa che ai celesti non sieno a cura così le cose minime, come le più grandi.

Come si chiama questo?

Dice di sè Giordano nell’Antiprologo del Candelajo: «L’autore, se voi lo conoscete, direste ch’have una fisionomia smarrita; par che sempre sia in contemplazione de le pene de l’inferno; par sia stato a la pressa, come le barrette; un che ride, sol per far come fan gli altri. Per il più lo vedrete fastidito, restio e bizzarro: non si contenta di nulla, ritroso come un vecchio d’ottant’anni, fantastico come un cane». E Dedalo si chiama «circa gli abiti dell’intelletto» nella proemiale epistola al Dell’infinito Universo e Mondi, e come Momo, dio del riso, s’introduce nello Spaccio.

«Lo stile del Bruno, — osserva nel suo studio mirabile su Tre commedie italiane nel Cinquecento il Graf1 — lo stile del Bruno è l’immagine viva della mente onde muove. Ad un’amplissima varietà di forme, di figurazioni e di processi, s’accoppia in esso un’efficacia impareggiabile. Pien di vitale fervore esso non si adagia ne’ simmetrici spartimenti retorici, nè si compone secondo schemi architettonici, ma si devolve per effluente, organica funzione. Di natura proteiforme, con pari agevolezza s’adegua al più arduo pensiero della mente disquisitiva, e al più volgar sentimento di un’anima abjetta. Le parole vi si affrontano in riscontri impensati, e dal


  1. Vedi in Studii drammatici (Torino, Loescher, 1878). Le tre commedie sono La Calandria, La Mandragola, il Candelajo.