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templando quest’azioni e discorsi umani col senso d’Eraclito, o di Democrito, avrete occasion di molto o ridere o piangere».

Per conto suo, l’autore le ha contemplate col senso di Eraclito e di Democrito a un tempo.

«Qua Giordano parla per volgare, nomina liberamente, dona il proprio nome a chi la natura dona il proprio essere; non dice vergognoso quel che fa degno la natura; non copre quel ch’ella mostra aperto, chiama il pane pane, il vino vino, il piede piede, et altre parti di proprio nome; dice il mangiare mangiare, il dormire dormire, il bere bere, e così gli altri atti naturali significa con proprio titolo».

Questo, nella Epistola esplicatoria che precede lo Spaccio della Bestia trionfante. Apriamo un po’ questo Spaccio e sentiamo che cosa Mercurio dice di Giove. Ecco qua: «Ha ordinato che oggi a mezzogiorno doi meloni tra gli altri, nel melonajo di Fronzino, sieno perfettamente maturi; ma che non sieno colti se non tre giorni a presso, quando non saran giudicati buoni a mangiare. Vuole che al medesimo tempo de la iviuma che sta a le radici del monte di Cicala, in casa di Gioan Bruno, trenta iviomi sieno perfetti colti, e diece sette cadano scalmati in terra, quindici siano rosi da’ vermi; che Nasta, moglie d’Albenzio, mentre si vuole increspar li capegli de le tempie, vegna, per aver troppo scaldato il ferro, a brugiarsene cinquantasette, ma che non si scotte la testa, e per questa volta non biastemi quando sentirà il puzzo, ma con pazienza la passe; che dal sterco del suo bove nascano dugento cinquanta doi scarafoni, de’ quali quattordici sieno calpestati e uccisi per il pie’ di Albenzio, vinti sei muojano di rinversato, vinti doi vivano in caverna, ottanta vadano in peregrinaggio per il cortile, quaranta doi si retirino a vivere sotto quel ceppo vicino a la porta, sedici vadano isvoltando le pallotte per dove meglio li vien comodo,

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