Pagina:Pirandello - L'Umorismo, 1908.djvu/132

128 parte prima

tesi e di antitesi, vaporosi o empirici, atei o mistici, manierati o barbari. La nostra coltura è a strati, e non sempre nazionale; lo straniero persiste dentro a noi; le forme letterarie hanno tipi fissi; una generazione fa il testo, altre parecchie fanno le note; così si pensa e sente per riflesso, per reminiscenza o per fantasia; così ne sfugge il senso reale della vita, si ottunde quella libertà di percezione e di attitudini che crea l’umorismo; e si riproduce il circolo vizioso: gli scrittori umoristi non sorgono perchè mancano le condizioni adatte, e queste non mutano perchè mancano gli scrittori. Il difetto è alla radice; poco sviluppato lo spirito di curiosità; fioca la nota intima. L’humour vuole l’uno e l’altra; vuole il pensatore e l’artista; ma l’arte e la scienza presso noi son divise tra loro e divise dalla vita».1

Ho citato il Machiavelli. Citerò, a questo proposito, un altro piccolo nostro che non ebbe quella «libertà di atteggiamenti, di forma, di stile, indispensabile all’humour», a cui «il Papato... le accademie e le scuole impedirono la libertà politica, religiosa e scientifica», un insofferente d’analisi, pedante in iscienza e retore in arte, uno che ebbe poco sviluppato lo spirito di curiosità, ecc.: Giordano Bruno, se permettete, academico di nulla academia, autore, tra l’altro, dello Spaccio de la Bestia trionfante, della Cabala del Cavallo Pegaseo, dell’Asino Cillenico e del Candelajo; colui che ebbe per motto, come tutti sanno: In tristitia hilaris, in hilaritate tristis, che pare il motto dello stesso umorismo.

E la candela di quel suo candelaio «potrà chiarir alquanto certe ombre dell’idee, le quali invero spaventano le bestie», — dice egli stesso; e dice anche: — «Considerate chi va, chi viene, che si fa, che si dice, come s’intende, come si può intendere; chè certo, con-


  1. Vedi Arcoleo; op. cit., pag. 94-95.