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124 | parte prima |
ha affatto bisogno d’un fondo etico, può averlo o non averlo: questo dipende dalla personalità, dall’indole dello scrittore; ma, naturalmente, dall’esserci o dal non esserci, l’umorismo prende qualità e muta d’effetto, riesce cioè più o meno amaro, più o meno aspro, pende più o meno o verso il tragico o verso il comico, o verso la satira, o verso la burla, ecc.
Chi crede che sia tutto un giuoco di contrasto tra l’ideale del poeta e la realtà, e dice che si ha l’invettiva, l’ironia, la satira, se l’ideale del poeta resta offeso acerbamente e sdegnato dalla realtà; la commedia, la farsa, la beffa, la caricatura, il grottesco, se poco se ne sdegna e delle apparenze della realtà in contrasto con sè è piuttosto indotto a ridere più o meno fortemente; e che infine si ha l’umorismo, se l’ideale del poeta non resta offeso e non si sdegna, ma transige bonariamente, con indulgenza un po’ dolente, mostra d’avere dell’umorismo una veduta troppo unilaterale e anche un po’ superficiale. Certo molto dipende dalla disposizione d’animo del poeta; certo l’ideale di questo in contrasto con la realtà può o sdegnarsi o ridere o transigere; ma un ideale che transige non dimostra in verità d’esser molto sicuro di sè e profondamente radicato. E consisterà l’umorismo in questa limitazione dell’ideale? No. La limitazione dell’ideale sarà, se mai, non causa, ma conseguenza di quel particolar processo psicologico che si chiama umorismo.
Lasciamo star dunque una buona volta gl’ideali, la fede, le aspirazioni e via dicendo: lo scetticismo, la tolleranza, il carattere realistico, che le nostre lettere assunsero fin quasi dal loro inizio, furon bene disposizioni e condizioni favorevoli all’umorismo; l’ostacolo maggiore fu la retorica imperante, che impose leggi e norme astratte di composizione, una letteratura di testa, quasi meccanicamente costruita, in cui gli elementi soggettivi dello spirito eran soffocati. Infranto il giogo,